giovedì 29 novembre 2012

Elaborazione. #Senses

E' tutto così banale.
Tutto.

Quello che sento mi sembra di averlo già sentito, più volte, con la stessa voce. Anche la Musica. In fin dei conti parliamo sempre degli stessi suoni messi in ordine differente, così come i testi. Prima o poi i concetti, le rime, le metafore finiscono...occorre riniziare a trovare del "nuovo".

Quello che vedo è il ripresentarsi di una serie di Dejavù. Quegli sprazzi di pensiero che tendono a farti credere che quella determinata scena tu l'abbia già vissuta in un altro tempo, non tanto lontano, in fondo.
E' tutto un mix di foto invecchiate e pellicole dimenticate dove restano sempre gli stessi soggetti, ingialliti, con accessori moderni...è quasi possibile riconoscerne i tratti, una modifica che mette in risalto una felpa colorata su uno scenario "seppia".

L'odore delle piccole cose...non esiste. E' tutto un maxi fetore, un miscuglio di mille odori assemblati senza un nesso logico o un percorso ben delineato. Tutto sa di fumo. Da piccolo cresci con l'odore del pane caldo,
dei fiori e altre pseudo-stronzate simili. Ora va così: riesci a stupirti e notare ciò che è inodore. Da qui a tre isolati, il mio naso percepisce solo l'aroma di un posacenere pieno e umido.

Il gusto. Mi ricordo di Te...avevi un buon sapore. Come quando diventi avaro di quel determinato cibo, hai lo stomaco pieno, stai per sboccare, ma sai di volerne ancora. E allora mangi...anzi, ti nutri. Di Lei. Sei destinato a finire nel girone degli ingordi, per colpa Sua.
Tutto il resto non sa di nulla. Non so che gusto possa avere il polistirolo, ma se potessi identificarlo in un sapore, lo attribuirei a tutto quello che ogni giorno mastico e ingurgito.

La storia di Re Mida. Tutto ciò che toccava diventava oro. Tanto oro. Troppo oro. Fino ad ucciderlo. Come sarebbe stato se tutto ciò che avesse toccato sarebbe diventato sterco? E' un po' quello che si prova quando nelle mani ci passano tante opportunità e non siamo in grado di sfruttarle, ci capita un'occasione che non cogliamo. Molte volte non tocchiamo realmente con mano, ma riusciamo a trasformare comunque tutto ciò in vera, pura, gigante, MERDA. Credo che Re Mida sarebbe morto lo stesso.

Non si tratta di alterare la percezione.
E' tutta, semplice, banalità.




lunedì 23 aprile 2012

Aneddoto. #Tempo

Sono sveglio. Poco cosciente, ma sveglio.
Ho delle cose da fare, stando da solo, non posso incaricare nessun altro se non me stesso.
Penso.
Penso che non tutto stia andando per il verso giusto. Ma, pazienza. Le cose prenderanno il loro giusto corso, prima o poi.

Mi infilo le mie All Star, su jeans chiari, un po' usurati e strappati in diversi punti; la primavera è iniziata da un mese, mi chiedo come cazzo possa essere possibile che faccia ancora così freddo. Decido di fottermene e di sfidare la sorte...metto una t-shirt nera sotto una camicia a maniche lunghe, a quadretti bianchi e blu,  e vado. Esco.

Sono in un'altra realtà, la vivo da non so quanto, ma non riesco ad abituarmici; è un movimento continuo, un formicaio di persone, nessuno guarda in faccia nessuno, nessuno parla, nessuno sorride, tutti hanno da fare, nessuno si sofferma ad apprezzare uno spiraglio di sole dopo una settimana di pioggia; anche le formiche in macchina, comunicano solo con il clacson o con un bel dito medio sporgente dal finestrino.

Io sono a piedi, il market non è poi così lontano, un paio di centinaia di metri, ad occhio.
Intanto continuo ad osservare: alle volte in un paio di centinaia di metri si riescono a vedere molte più cose di quante se ne possano immaginare. Il sole è quasi tramontato del tutto, e in questa strada, tutto si muove.
Vedo.
Osservo.

Passo davanti ad una vetrina in azzurro specchiato, "Solarium", mi intravedo nel riflesso, non riesco a vederne l'interno. Sarà uno di quei posti gestiti da belle ragazze orientali; sì, quei posti nei quali aggiungendo qualche decina di euro sulla tariffa, si potrebbe usufruire anche di un pompino agli oli profumati. Lì davanti, nell'auto parcheggiata, un signore sulla cinquantina: capelli brizzolati, calvo in centro, decisamente in sovrappeso, fronte unta, vestito color marrone-terriccio-secco: un mix tra un avvocato di cause perse e un supplente di religione, fede al dito. Starà aspettando il suo momento di gloria.

Dall'altro lato della strada, altre formiche che camminano in tutte le direzioni: passo rapido, tutti hanno da fare, nessuno sta cazzeggiando. In mezzo a questa ragnatela di persone, il classico, invisibile mendicante. Chiede qualche spiccolo. Le ginocchia; povere ginocchia. Sarà fermo in quella posizione da ore, con la testa volta verso l'asfalto. Invisibile. Scansato. Scavalcato.

Tanta gente chiusa in un bar. Entro a prendere un caffè. Noto che la maggior parte della gente è sicuramente in andropausa.
Bar: basta mettere una ragazza di bella presenza per avere sempre un tipo di clientela fissa. Immagino l'annuncio del proprietario: "Cercasi ragazza per bar; necessario un bel culo, un viso carino e tanta predisposizione nel far credere al cliente maschio e rincoglionito che assieme al caffè si potrebbe allegare una palpata all'uccello.".
Pago profumatamente un caffè che non vale neanche la metà del suo prezzo, ignoro lo scontrino sul banco, esco. Accendo la mia sigaretta.
Proseguo.

Cristo, più tempo passo fuori da casa, più non vedo l'ora di tornarci.
Ma ho da fare, ho bisogno di altro tempo.
Penso che anche il tempo sia infame. Traditore e meschino, colpisce quando meno te lo aspetti: quando credi di aver aspettato una vita, ma in realtà, solo pochi minuti; quando credi che il divertimento sia appena iniziato, ma in realtà è già finito, e stanno andando via tutti, e tu resti da solo. Ah il tempo...a volte lo vedo passare così veloce. Non mi occorre guardare il mio schifo di Fossil con tanta di scheggiatura sul quadrante; lo vedo passare, come se fosse una persona, che fa più volte il giro attorno a me; passo d'uomo. Mi fissa.

Entro nel market. Anche qui le piccole formiche laboriose si muovono: di tutte le taglie, di tutte le età, di tutte le etnie. Mi ritrovo nel reparto bibite. Ho sete. Avrei voglia di aprire una Heineken in lattina e berla tutta d'un sorso. Prendo un paio di bottiglie d'acqua, non mi soffermo a decidere la marca. Prendo una birra in vetro da 66cl. L'anziana signora con capelli bianchi e fondi di bottiglia al posto degli occhiali decide di cedermi il suo posto in cassa: sarà il primo accenno di calore umano che sento da quando sono uscito, circa mezz'ora fa. Ringrazio. Pago. Esco.

Mi incammino verso casa con il mio nuovo bagaglio in plastica che sembra stia per rompersi da un momento all'altro. Nulla è cambiato dal tragitto di andata, il signore in macchina è ancora lì, così come lo è il barbone-mendicante, così come lo sono tutte le formiche a piedi e in macchina che affollano le strade e i marciapiedi. Non faccio in tempo ad elaborare un pensiero. Sono già arrivato a casa. Salgo le scale. Quattro giri di chiave e sono dentro. Poso il mio sacchetto semirotto.

Mi dirigo sul balcone, guardo dal primo piano tutto il mondo esterno che pochi secondi prima mi circondava. Tutto in moto, tutto frenetico.
Il Tempo. E' la cosa più preziosa che abbiamo. Nessuno si rende conto di come stia passando veloce. Nessuno si sofferma. Nessuno lo rallenta. Tutti ne abusano. Sono sicuro che presto o tardi qualcuno se ne renderà conto, e darà il giusto valore a quelle lancette, o a quel display.
Il nostro tempo e il tempo di Dio non vengono misurati con lo stesso orologio, diceva un certo Charles Spurgeon.

Cazzo, Dio dovrebbe darci l'indirizzo del suo orologiaio.

Apro la mia birra. Bevo.
Torno alle mie cose.

martedì 17 aprile 2012

Citazione. #Jeux d'enfants - Amami se hai coraggio

Tratto dal film: Jeux d'enfants - Amami se hai coraggio

Grande Sophie, il gioco era ripreso a tutto gas. Felicità allo stato puro, bruta, primitiva, vulcanica. Magnifico. Il meglio del meglio; meglio della droga, dell'eroina, meglio delle canne, coca, crack, fix, joint, shit, shoots, sniff, pet, marijuana, cannabis, peyote, colla, acido, LSD, ecstasy, meglio del sesso, meglio del pompino, il 69, le orge, masturbazione, tantrismo, kamasutra, massaggio thailandese, meglio della cioccolata, il mont blanc, la banana split, meglio di tutte le trilogie di George Lucas, delle puntate del Muppet Show, meglio dell'ancheggiare di Emma Peel, Marilyn, la puffetta, Lara Croft, Naomi Campbell, i nei di Cindy Crawford, meglio della facciata B di Abbey Road, gli assolo di Hendrix, meglio dei passetti di Armstrong sulla luna, le montagne russe, i festoni natalizi, la fortuna di Bill Gates, le trance del Dalai Lama, la resurrezione di Lazzaro, tutte le pere di testosterone di Schwartz, il collagene nelle labbra di Pamela Anderson, meglio di Woodstock e dei rave party più trasgressivi, meglio dei trip di Sade, Rimbaud, Morrison e Castaneda, meglio della libertà... meglio della vita

Ringrazio S. per il suggerimento del film.


lunedì 16 aprile 2012

Commento. #1

Come avrete notato, nei miei "racconti" richiamo situazioni e persone realmente esistite ed esistenti.
Scelgo di non citare direttamente le persone alle quali faccio riferimento per motivi che al momento preferisco non spiegare. Chi però si rivede nelle situazioni, essendone protagonista indiretto, mi contatta privatamente per esprimersi. Con loro consenso, pubblicherò le risposte pervenutemi e ne approfitto per ringraziarli ancora.

 - 1. Commento di A. (Aneddoto. #Aeroporto):
   Delirio, caos. Sono le parole che più secondo me sembrano rispecchiarci. Leggendo e rileggendo queste tue parole (lo ammetto, mi è piaciuto e l'ho riletto! XD) è come se per un attimo mi fossi immedesimato in te, fermentavo anche io nel leggere! XD. Carico e impaziente, di realizzare che finalmente dopo due anni, il nostro arrivo.
A mio parere quei giorni sono stati una delle cose più belle che abbia fatto, anche perchè non avresti mai pensato o immaginato, come anche noi, di passare un weekend in quel modo, dove per fortuna momenti e risate sono rimasti impressi in delle foto, che non saranno altro che un modo per rispolverare ricordi. Anche se non ti conosco da molto come gli altri, a causa della distanza, in quei tre giorni abbiamo recuperato un po' tutto il tempo perso a non averti qui...e non credo sia soltanto un mio parere.
La lontananza è solo un ostacolo per il quale non si può rischiare di perdere un sentimento come l'amicizia. E questo vale come che per te, anche per An. e tutti gli altri.
Ho anche trovato un pensiero che rispecchia più o meno quello che penso:


L'amicizia è uno dei sentimenti più belli da vivere perchè dà ricchezza, emozioni, complicità e perchè è assolutamente gratuita. Ad un tratto ci si vede, ci si sceglie, si costruisce una sorta di intimità; si puo' camminare accanto e crescere insieme pur percorrendo strade differenti, pur essendo distanti, come noi due, centinaia di migliaia di chilometri.


A.

domenica 15 aprile 2012

Aneddoto. #Aeroporto

Generalmente, essendo che non ho mai un cazzo di veramente importante da fare, non mi arreca alcun fastidio trattenermi in ufficio quell'oretta in più. Generalmente. Non oggi. Oggi attendo una visita. E' raro ricevere visite quando ti trovi dal lato opposto della nazione. Non oggi. Oggi succederà l'impensabile.

Torno a casa. Inizio a contare il numero di persone che riempiranno la mia stanza, sulle dita della mano. Me compreso, saremo in cinque. Stringo i pugni. Sono apparentemente serio, dentro sto fremendo dalla gioia. La mia stanza è decisamente ampia, ci staremo tutti, penso. Reperisco tre materassi dal resto della casa, da aggiungere ai due letti già presenti. Inizio a contare le lenzuola, coperte, piumini e tutto quello che potrebbe avere una funzione analoga. Cazzo. In due anni di convivenza con me stesso ho notato di aver collezionato più lenzuola che nuovi amici. Riepilogo il tutto: ho cinque materassi, quattro lenzuola, tre copri-materasso, tre piumini e un qualcosa di caldo e pesante che serve comunque a coprirsi; combino i cinque materassi alle undici coperte, i cuscini li rimedio in modo grossolano. E' perfetta. Quella che era la mia camera, la camera in cui i vestiti estivi sono sempre stati separati da quelli invernali, la camera in cui la scrivania-studio era ben distante dalla scrivania-cazzeggio, quella camera, ha assunto la forma di un tugurio. Delirio. Caos. Queste sono le aspettative.

Mancano tre ore all'arrivo dei miei amici, io sto già impazzendo. Vorrei che fossero già qui, adrenalinici e vogliosi di scoprire nuovi orizzonti lontano da casa, quella vera. Faccio una doccia per placarmi. Non faccio che pensare a come sarà. Dopo quasi due fottuti anni, ho finalmente l'occasione di mostrar loro come sarebbe potuto essere se avessero mosso il culo prima.

Ancora due ore. Ma io non posso star fermo. Devo muovermi. Accendo la mia quarta Chesterfield rossa nell'arco di mezz'ora. Non posso aspettare. L'aereoporto non è vicinissimo. Li precederò. Uscendo dalla camera, un secondo prima di spegnere le luci, noto ancora una volta l'ottimo lavoro da me svolto. Delirio, Caos, movimento. Non faccio che pensare questo.

Salgo in macchina, è già buio, ma non abbastanza. Mezzanotte è ancora lontana un'ora e mezza circa. Mi avvio con una calma invidiabile, vista la situazione. Nel centro abitato non supero i 30km/h, abbasso il finestrino, fumo. Fumo, penso a loro, ascolto distrattamente la canzone che arieggia in auto: credo sia Wonderwall, degli Oasis.
Dopo circa quaranta chilometri arrivo nel punto prestabilito. Come al solito, un fiume di persone che entrano ed escono, in macchina, in autobus, in moto, in navette-trasporta-gente da un euro e cinquanta a corsa. Parcheggio l'auto, la chiudo con il telecomando senza voltarmi a controllare se effettivamente si sia chiusa. Cazzo. Sono in largo anticipo, ho appena finito l'ultima sigaretta e il tabaccaio dell'aeroporto ha appena chiuso le saracinesche. Poco importerà, tra tre quarti d'ora.

Fanculo, ancora. Il volo ha subito un ritardo: circa venti minuti. Mi sento come quel bambino che è in coda da un'ora per salire sulla giostra al Luna Park; sta per arrivare il mio turno ma l'addetto alla sicurezza mi dice di aspettare il prossimo giro perchè non ci sono più posti liberi. Ho fretta. Ho fretta di sorridere. Venti minuti, interminabili, fino alla buona notizia: il monitor da 52'' mi dice che l'aereo è atterrato...è atterrato. Nel frattempo, altre persone mi passano accanto: famiglie che si riuniscono, amori ritrovati, amici che fremevano dal vedersi, come noi; persino due omosessuali si schiantano in un abbraccio passionale e si baciano davanti a quel fiume di gente. A me non importa una sega: il mio sguardo è volto a quella porta scorrevole che dovrebbe aprirsi a momenti.

Eccoli! Li vedo. Urlo la mia gioia nel vederli, anche loro fanno lo stesso. Un abbraccio collettivo, ci guardiamo tutti negli occhi: un incrocio di sguardi simili ai laser verdi da coreografia nelle discoteche, intersecati in un labirinto di idee. Un'intesa. Una fusione di menti. Un unico obiettivo. Cristo. Non abbiamo ancora detto nulla, io ho già dimenticato il motivo per il quale mi trovavo qui, ad aspettarli.
Ora sì. Ora posso dire di essere felice. Parliamo confusamente tutti insieme, sprigioniamo energia positiva, non passiamo inosservati: siamo cinque animali evasi dalle rispettive gabbie, e abbiamo voglia di vivere. Vogliamo conquistare il mondo, sappiamo che assieme possiamo farcela.

"Questo Weekend, amici miei, sarà un gran Weekend!"

                                                                                                                                          Thanks To: E, P, D, A, A

giovedì 12 aprile 2012

Aneddoto. #Scatola

Apro gli occhi:
   Mi trovo in una grande scatola, perimetrata in vetro, che poggia su quattro ruote. Vibra. Piena di gente. Non conoscono nessuno, mai visti né sentiti, neanche per sbaglio. Ognuno è al suo posto, in fila per due, due grandi file parallele. La luce che passa attraverso i vetri crea differenti tonalità di colori, per questo non riesco a capire esattamente se l'ambiente circostante sia grigio-topo o verde scuro.

Chiudo gli occhi:
   Sento una risata: una donna, se fosse possibile definire un'età da una risata, direi ventitré; una risata composta, perbenista, di una persona che non fuma, non eccede negli alcolici né alla frenesia di una vita sempre e costantemente movimentata; molto appagata, sembra avere sempre il controllo della situazione, una persona che non riderebbe se sapesse di esporre al pubblico la piccola imperfezione dentistica che si porta dietro da quando era bambina; credo provenga da un paio di file più in là, alle mie spalle.

Apro gli occhi:
   La scatola per intero sembra muoversi, delle teste che si guardano, poi si rigirano; mani che si alzano e che vanno ad aprire degli sportelli in alto; vedo qualcuno che si alza e qualcuno che nel contempo sta sedendosi. Un corridoio di gambe e gomiti in continuo movimento, in cerca di una posa in cui giacere, come quei cani che fanno due volte il giro su se stessi prima di addormentarsi con le zampe sotto il mento.

Chiudo gli occhi:
   Non sento il ruggito della scatola nè alcun tipo di vibrazione. Siamo sicuramente fermi.
Sento nuove voci, sento lo spostamento d'aria di qualcosa che si muove lì, alla mia sinistra. Un profumo. Ho gli occhi chiusi. Sono stanco: non sono realmente sveglio, non sono realmente addormentato; in questo stadio di trans in cui il mio tatto, la mia vista e il mio gusto riposano, aumento la percezione dei restanti sensi.
Un Profumo.
Molto femminile.
   Ogni giorno, la TV trasmette centinaia di spot riguardanti i profumi; ragazzi e ragazze perfetti coi loro fisici modellati e scolpiti nel mogano; attrici, modelle, persone di rilievo, tutte disposte a farti credere che con uno Chanel N°5 diventeresti una diva di Hollywood che assorbe foto e applausi salendo le scale su un tappeto rosso. Fottetevi.

Apro gli occhi:
   La ragazza alla mia sinistra. E' seduta. Immobile. Regge la testa con la mano destra, gomito sul sedile. Intorno alla mano, un brulicare di riccioli castano scuro. Carnagione chiara. Giovane. Pulita. Non trovo un difetto in Lei. E' al di là del corridoio, ci divide non più di mezzo metro. Accanto a Lei, un'altra ragazza: non saprei descriverla, troppo in secondo piano, troppo lontana.
Parlano, ridono, si guardano, si toccano...si toccano. Non come io darei una pacca su una spalla ad un amico. Si toccano. Carezze, effusioni, condividono lo stesso spazio, la stessa luce negli occhi. Si baciano.
Non come io bacerei sulle guance lo stesso amico per salutarlo o per far lui gli auguri. Si baciano. Si toccano. Lei mi volge le spalle, così posso scrutare il viso della seconda ragazza: occhi quasi completamente chiusi, nella fessura scorgo le sue pupille volte verso l'alto. Estasi. Si baciano. Non hanno timore. Anche la sua mano si perde nella chioma riccia di Lei.

   A loro non importa essere giudicate da tutte quelle scimmie attorno che guardano. Guardano, come se non avessero mai guardato. Giudicano. Borbottano.
   Se ne fottono, altamente.

Innumerevoli chilometri dopo, innumerevoli battiti di palpebre dopo. Lei mi guarda. Leggo nei suoi occhi un concetto. Non ha aperto bocca, sinceramente, non ho mai messo a fuoco il timbro della Sua voce. Si gira, mi rende le spalle.

Ho letto, non ricordo dove, nè quando, nè come, lo stesso concetto. Penso a Lei e al suo sguardo ogni volta che lo stesso concetto mi viene in mente. 

"Ridete di me perchè io sono diversa. Io rido di voi, perchè voi siete tutti UGUALI."

Chiudo gli occhi.
   Dormo.
   Dormo.

mercoledì 11 aprile 2012

Aneddoto. #Alba

Sono le cinque e mezzo di mattina. Mi irrita solo sapere che sono a conoscenza di questa informazione.
Nel silenzio mistico di una mattina qualunque, riesco a percepire tre ruomori, o suoni, o come meglio vogliate interpretarli.

Un respiro, appartiene a mio fratello. E' lì a pochi metri da me, dorme, emette un respiro intenso, ma viene smorzato dallo spessore del piumino nel quale è avvolto; sapete, quel classico piumino che nessun uomo capace di intendere e di volere comprerebbe mai di sua spontanea volontà; di quell'azzurro-violaceo adornato di fiori lungo i bordi: l'unico motivo per cui ci dormite assieme è che vostra madre ed un mercante di piumini volevano chiudere un buon affare nello stesso giorno, nello stesso posto.
Lo scruto, con la coda dell'occhio.

Sento una musica. Devo essermi svegliato per questo, mi dico.
Alle cinque e mezzo di mattina, con alle spalle un paio di ore di sonno, nulla è sempre così chiaro e conciso; credi di essere sveglio, non lo sei. Credi di vedere, di sentire, di ascoltare; stai creando una realtà facile da comprendere per convincere te stesso di essere sveglio, ma non lo sei.
Mi sembra di iniziare a distinguere le note della canzone. E' Empire states of mind. La distinguo nel momento in cui Alicia Keys intona il ritornello. Mai mettere una bella canzone come supervisore dei tuoi sogni, come colui che decide quando il tuo sonno debba interrompersi. Mai.

Il mio respiro. E' così pesante. E' un mix tra il fiato di un Orango e un phon a tre livelli di velocità con aria calda. Il mio respiro. E' così pesante che tutto il resto passa in retroscena.
Le sere e le notti passate con i miei amici: ogni drink, ogni sigaretta diventa le penultima della successiva. Non puoi che alzarti così.

Perchè? Perchè sono sveglio? Cosa devo fare? Ho dimenticato la sveglia attiva con ricorrenza settimanale?
Devo parlare con qualcuno? Devo andare a prendere qualcuno? Devo andare a prendere qualcosa...devo andare a prendere qualcosa...prendere qualcosa...qualcosa.

Cazzo.
Devo prendere quel fottuto autobus.
Un fottuto autobus mi porterà maledettamente lontano.

Ora è tutto più offuscato. Mi alzo male ogni volta che devo fare qualcosa che in realtà non voglio fare.
Un battito di palpebre; alle cinque e mezzo di mattina risulta molto più semplice chiuderle che riaprirle. Me ne sono accorto quando le ho riaperte. Un'ora dopo.

Perchè, forse, è questo ciò che volevo. Non mi piacciono i saluti a lungo termine. Mi allontano da tutto ciò che mi circonda. Da casa mia. Penso a mettere il necessario in una valigia già piena ed estremamente pesante. Tutto è fermo. Io sono in moto, uniformemente accelerato, prendo le mie cose, prendo tutto quello di più inutile e superficiale da portare in un mondo in cui sarò solo, e lascio lì la mia vita, e vado.
Vado.

Per l'ennesima volta...

giovedì 5 aprile 2012

Aneddoto. #Birra

Aneddoto: mi viene a trovare un amico. Non ci vediamo da mesi,
vogliamo commemorare il nostro ritrovo; una sola proposta, già accettata durante il comporsi della frase: Birra! Il nettare degli dèi. Mi sovviene alla mente una frase, del buon vecchio Benjamin Franklin:
Beer is proof that God loves us and wants us to be happy.”

Entriamo in un locale, un disco-pub, occorre consumare qualcosa
altrimenti i Gorilla non ti fanno uscire. Nel locale la luce è offuscata,
c'è la musica alta, la classica musica tamarra da pub. La cameriera è una ragazza sui 20, capelli ricci neri, occhi leggermenti tirati, credo a causa del buio, magra, troppo magra,
mi fa pensare: probabilmente tra un vassoio ed un altro, fa la sua sosta in bagno e si ficca due dita in gola per tirarsi su il morale. Poco male. Per quanto ci riguarda, dopo averci portato le birre, potrebbe anche spararsi una gang-bang...ma prima, cara, le nostre birre.


Ordiniamo due birre in bottiglia, due Corona's Extra, con fettina di Lime nella canna. Come Dio comanda.
La ragazza, ci guarda, starà pensando che siamo due sfigati; tutti hanno in mano il loro cocktail, il loro Invisibile, il loro Long Island, il loro cazzo di Mojito col fondo di ghiaccio tritato e zucchero di canna. In realtà voleva solo che pagassimo in anticipo. In tasca abbiamo pochi euro, sufficienti per una birra a testa: in due il contante ammonta a 15€ circa. Sufficienti, pensiamo. 


Sullo scontrino abbiamo cattive notizie: Dio ha aumentato il prezzo del suo nettare, la crisi sarà arrivata anche da Lui. Mettiamo le mani in tasca, tiriamo fuori la pecùnia. Io ho cinque euro accartocciati a mo' di caramella, e qualche centesimo di rame; il mio amico ha solo dieci euro. Siamo lontani circa ottanta cents dall'obiettivo.
Adesso sì, la ragazza, battendo il piede ci guarda come due sfigati. Noi guardiamo lei come una ladra.


Situazione: niente contante, impossibilità di uscire, birre già aperte. Ne sento il profumo. Sete.


Si è mai visto? Si, evidentemente. Paghiamo con il bancomat. Beviamo la fottuta birra. Ogni sorso ha un valore conteggiabile. Circa quaranta cents. Io mi sparo due sigarette, una circa a metà Cerbeza e una subito dopo aver lasciato il vetro con la fettina di Lime sul bancone. "Usciamo" dice lui.


I Gorilla non hanno niente in contrario, sfido io, i due allocchi hanno consumato; usciamo mentre esibiamo il cartellino timbrato come un passeggiero esibisce l'abbonamento dell'autobus al controllore baffuto. Un cenno e siamo fuori. 


"Non è possibile". La birra più amara del mondo. Dove arriveremo? Non credo di parlare egoisticamente, dicendo che otto-maledetti-euro per una birra siano esagerati. Sono esagerati.
Qui finisce l'anneddoto. Nulla di logico, nulla di che. Vogliamo credere che sia un locale di eccezione. Se dovesse essere il nuovo prezzo della nostra bevanda, beh tanto vale iniziare a produrla domesticamente.
Altrimenti, Rivoluzione!

mercoledì 21 marzo 2012

C'è da chiedersi:

...come puoi iniziare una settimana, di qualsiasi genere,
se risenti ancora della stanchezza di quella precedente?

Volto tumefatto, respiro affannoso, voglia di respirare fumo e ruota di caffè: la mia ruota odierna dice 7;
sbadiglio, lacrime agli occhi, caldo, tanto caldo, e adesso freddo; brivido lungo la schiena; credo di pensare a voce alta e parlare con le persone solo nella mia mente...

...basterebbe dormire. Ora, su una tastiera, e svegliarsi quando è già buio e vedere il monitor, leggere il risultato di una battitura fatta con la faccia, ancora assonnata e con le lettere della tastiera incise a basso rilievo su di essa. Un testo di infiniti caratteri, sensa un senso nè una logica, comunque valorizzati da un sogno che prendeva forma, lì, a pochi centimetri...

Ad esempio...

...spiegami, cos'è che ci unisce? Forse un numero di cellulare, forse una videochiamata su Skype,  che diventa una conversazione univoca composta da soli "mi vedi?"  o "mi senti?"...cosa ci unisce? Una fottuta telefonata di 5/6 minuti abbondanti a cavallo tra la pausa pranzo e la sigaretta dopo il caffè? Una cena fuori orario in un dimenticato sabato qualunque? Un brindisi tra una Vodka e uno Jegeirmeister?

No cara. Niente di tutto questo.

Il fatto che quando cammini davanti a me, sogno di possederti sul lampione, quella minigonna, quella che guardo in continuazione sperando in un accavallamento sbagliato di gambe, quella scollatura che, Cristo, non ci fossero state tutte quelle scimmie attorno, avrei voluto morirci dentro, affogato,  sudato...a quel punto, nella mia mente. le tue labbra erano solo la linea di demarcazione, l'anello di congiunzione tra te e le mie fantasie, quelle che il mio cervello genera nel momento in cui sento la tua voce.

Si, cara. Questo ci unisce.