giovedì 12 aprile 2012

Aneddoto. #Scatola

Apro gli occhi:
   Mi trovo in una grande scatola, perimetrata in vetro, che poggia su quattro ruote. Vibra. Piena di gente. Non conoscono nessuno, mai visti né sentiti, neanche per sbaglio. Ognuno è al suo posto, in fila per due, due grandi file parallele. La luce che passa attraverso i vetri crea differenti tonalità di colori, per questo non riesco a capire esattamente se l'ambiente circostante sia grigio-topo o verde scuro.

Chiudo gli occhi:
   Sento una risata: una donna, se fosse possibile definire un'età da una risata, direi ventitré; una risata composta, perbenista, di una persona che non fuma, non eccede negli alcolici né alla frenesia di una vita sempre e costantemente movimentata; molto appagata, sembra avere sempre il controllo della situazione, una persona che non riderebbe se sapesse di esporre al pubblico la piccola imperfezione dentistica che si porta dietro da quando era bambina; credo provenga da un paio di file più in là, alle mie spalle.

Apro gli occhi:
   La scatola per intero sembra muoversi, delle teste che si guardano, poi si rigirano; mani che si alzano e che vanno ad aprire degli sportelli in alto; vedo qualcuno che si alza e qualcuno che nel contempo sta sedendosi. Un corridoio di gambe e gomiti in continuo movimento, in cerca di una posa in cui giacere, come quei cani che fanno due volte il giro su se stessi prima di addormentarsi con le zampe sotto il mento.

Chiudo gli occhi:
   Non sento il ruggito della scatola nè alcun tipo di vibrazione. Siamo sicuramente fermi.
Sento nuove voci, sento lo spostamento d'aria di qualcosa che si muove lì, alla mia sinistra. Un profumo. Ho gli occhi chiusi. Sono stanco: non sono realmente sveglio, non sono realmente addormentato; in questo stadio di trans in cui il mio tatto, la mia vista e il mio gusto riposano, aumento la percezione dei restanti sensi.
Un Profumo.
Molto femminile.
   Ogni giorno, la TV trasmette centinaia di spot riguardanti i profumi; ragazzi e ragazze perfetti coi loro fisici modellati e scolpiti nel mogano; attrici, modelle, persone di rilievo, tutte disposte a farti credere che con uno Chanel N°5 diventeresti una diva di Hollywood che assorbe foto e applausi salendo le scale su un tappeto rosso. Fottetevi.

Apro gli occhi:
   La ragazza alla mia sinistra. E' seduta. Immobile. Regge la testa con la mano destra, gomito sul sedile. Intorno alla mano, un brulicare di riccioli castano scuro. Carnagione chiara. Giovane. Pulita. Non trovo un difetto in Lei. E' al di là del corridoio, ci divide non più di mezzo metro. Accanto a Lei, un'altra ragazza: non saprei descriverla, troppo in secondo piano, troppo lontana.
Parlano, ridono, si guardano, si toccano...si toccano. Non come io darei una pacca su una spalla ad un amico. Si toccano. Carezze, effusioni, condividono lo stesso spazio, la stessa luce negli occhi. Si baciano.
Non come io bacerei sulle guance lo stesso amico per salutarlo o per far lui gli auguri. Si baciano. Si toccano. Lei mi volge le spalle, così posso scrutare il viso della seconda ragazza: occhi quasi completamente chiusi, nella fessura scorgo le sue pupille volte verso l'alto. Estasi. Si baciano. Non hanno timore. Anche la sua mano si perde nella chioma riccia di Lei.

   A loro non importa essere giudicate da tutte quelle scimmie attorno che guardano. Guardano, come se non avessero mai guardato. Giudicano. Borbottano.
   Se ne fottono, altamente.

Innumerevoli chilometri dopo, innumerevoli battiti di palpebre dopo. Lei mi guarda. Leggo nei suoi occhi un concetto. Non ha aperto bocca, sinceramente, non ho mai messo a fuoco il timbro della Sua voce. Si gira, mi rende le spalle.

Ho letto, non ricordo dove, nè quando, nè come, lo stesso concetto. Penso a Lei e al suo sguardo ogni volta che lo stesso concetto mi viene in mente. 

"Ridete di me perchè io sono diversa. Io rido di voi, perchè voi siete tutti UGUALI."

Chiudo gli occhi.
   Dormo.
   Dormo.

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