domenica 15 aprile 2012

Aneddoto. #Aeroporto

Generalmente, essendo che non ho mai un cazzo di veramente importante da fare, non mi arreca alcun fastidio trattenermi in ufficio quell'oretta in più. Generalmente. Non oggi. Oggi attendo una visita. E' raro ricevere visite quando ti trovi dal lato opposto della nazione. Non oggi. Oggi succederà l'impensabile.

Torno a casa. Inizio a contare il numero di persone che riempiranno la mia stanza, sulle dita della mano. Me compreso, saremo in cinque. Stringo i pugni. Sono apparentemente serio, dentro sto fremendo dalla gioia. La mia stanza è decisamente ampia, ci staremo tutti, penso. Reperisco tre materassi dal resto della casa, da aggiungere ai due letti già presenti. Inizio a contare le lenzuola, coperte, piumini e tutto quello che potrebbe avere una funzione analoga. Cazzo. In due anni di convivenza con me stesso ho notato di aver collezionato più lenzuola che nuovi amici. Riepilogo il tutto: ho cinque materassi, quattro lenzuola, tre copri-materasso, tre piumini e un qualcosa di caldo e pesante che serve comunque a coprirsi; combino i cinque materassi alle undici coperte, i cuscini li rimedio in modo grossolano. E' perfetta. Quella che era la mia camera, la camera in cui i vestiti estivi sono sempre stati separati da quelli invernali, la camera in cui la scrivania-studio era ben distante dalla scrivania-cazzeggio, quella camera, ha assunto la forma di un tugurio. Delirio. Caos. Queste sono le aspettative.

Mancano tre ore all'arrivo dei miei amici, io sto già impazzendo. Vorrei che fossero già qui, adrenalinici e vogliosi di scoprire nuovi orizzonti lontano da casa, quella vera. Faccio una doccia per placarmi. Non faccio che pensare a come sarà. Dopo quasi due fottuti anni, ho finalmente l'occasione di mostrar loro come sarebbe potuto essere se avessero mosso il culo prima.

Ancora due ore. Ma io non posso star fermo. Devo muovermi. Accendo la mia quarta Chesterfield rossa nell'arco di mezz'ora. Non posso aspettare. L'aereoporto non è vicinissimo. Li precederò. Uscendo dalla camera, un secondo prima di spegnere le luci, noto ancora una volta l'ottimo lavoro da me svolto. Delirio, Caos, movimento. Non faccio che pensare questo.

Salgo in macchina, è già buio, ma non abbastanza. Mezzanotte è ancora lontana un'ora e mezza circa. Mi avvio con una calma invidiabile, vista la situazione. Nel centro abitato non supero i 30km/h, abbasso il finestrino, fumo. Fumo, penso a loro, ascolto distrattamente la canzone che arieggia in auto: credo sia Wonderwall, degli Oasis.
Dopo circa quaranta chilometri arrivo nel punto prestabilito. Come al solito, un fiume di persone che entrano ed escono, in macchina, in autobus, in moto, in navette-trasporta-gente da un euro e cinquanta a corsa. Parcheggio l'auto, la chiudo con il telecomando senza voltarmi a controllare se effettivamente si sia chiusa. Cazzo. Sono in largo anticipo, ho appena finito l'ultima sigaretta e il tabaccaio dell'aeroporto ha appena chiuso le saracinesche. Poco importerà, tra tre quarti d'ora.

Fanculo, ancora. Il volo ha subito un ritardo: circa venti minuti. Mi sento come quel bambino che è in coda da un'ora per salire sulla giostra al Luna Park; sta per arrivare il mio turno ma l'addetto alla sicurezza mi dice di aspettare il prossimo giro perchè non ci sono più posti liberi. Ho fretta. Ho fretta di sorridere. Venti minuti, interminabili, fino alla buona notizia: il monitor da 52'' mi dice che l'aereo è atterrato...è atterrato. Nel frattempo, altre persone mi passano accanto: famiglie che si riuniscono, amori ritrovati, amici che fremevano dal vedersi, come noi; persino due omosessuali si schiantano in un abbraccio passionale e si baciano davanti a quel fiume di gente. A me non importa una sega: il mio sguardo è volto a quella porta scorrevole che dovrebbe aprirsi a momenti.

Eccoli! Li vedo. Urlo la mia gioia nel vederli, anche loro fanno lo stesso. Un abbraccio collettivo, ci guardiamo tutti negli occhi: un incrocio di sguardi simili ai laser verdi da coreografia nelle discoteche, intersecati in un labirinto di idee. Un'intesa. Una fusione di menti. Un unico obiettivo. Cristo. Non abbiamo ancora detto nulla, io ho già dimenticato il motivo per il quale mi trovavo qui, ad aspettarli.
Ora sì. Ora posso dire di essere felice. Parliamo confusamente tutti insieme, sprigioniamo energia positiva, non passiamo inosservati: siamo cinque animali evasi dalle rispettive gabbie, e abbiamo voglia di vivere. Vogliamo conquistare il mondo, sappiamo che assieme possiamo farcela.

"Questo Weekend, amici miei, sarà un gran Weekend!"

                                                                                                                                          Thanks To: E, P, D, A, A

2 commenti:

  1. La vera amicizia non è schiava del tempo e dello spazio, la distanza materiale non può separarci davvero dagli amici!

    Grazie dell'ospitalità Fratello

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